Dopo la luce delle torce rossa su facce sudate
Dopo il gelido silenzio nei giardini
Dopo l’agonia in luoghi pietrosi
Le grida e i pianti
Prigione e palazzo ed eco
Di tuono di primavera su montagne lontane
Colui che era vivo è ora morto
Noi che eravamo vivi stiamo ora morendo
Con un po’ di pazienza
(T. S. Eliot, La terra desolata, vv. 322-330)
Moriremo: soltanto questo il verso
di stanotte mi dice. Moriremo,
nulla resterà di noi e delle nostre
parole e delle idee: come le idee
muoiono gli uomini. Resterà nulla
e già nulla rimane delle nostre
tracce in questo mondo reale e plastico
che fa dello spiare e del commentare
l’ultima essenza. Forse resterà
la carta e quello che noi abbiamo scritto
e forse verrà presto riciclata
o saranno chiuse le biblioteche
già piene di quel che ormai si traduce
per conoscenza e diretta poesia.
Ci saran roghi della conoscenza
e nulla più resterà delle piazze
che protestano e degli alberi folti
che la morte ricevono in silenzio
e che del percolato s’avvelenano.
E di noi non resterà una pensione
poi che noi moriremo di lavoro
e di suggestione; non resterà
un lavoro di noi, ché moriremo
di disoccupazione. Moriremo
per lasciar niente di noi, forse solo
qualche protesi e qualche dente d’oro
con cui mordere ed aggrapparsi invano
al volere restare in questo mondo.
E paura non ci sarà dell’alieno
mondo, qualora non sia solamente
uno stratagemma per occultare
in una cassa di dimenticanza
quant’abbiam fatto e detto. Moriremo
e verremo scarnicati di tutto
quello che d’essere credevamo
conferenziando certi su diritti,
doveri, politica e percentuali.
E bisognerebbe trovare alloggio
in una botte e lì morir silenti,
affogandosi nell’anonimato
consapevole e non nel velinismo
ipocrita e triste. Morire anonimi:
ecco cosa desidero, dimentico
del bene, rancoroso del maligno.
Morire in piedi più stupidamente
ed essere tosto e dimenticato,
giungendo puntuale alle proprie esequie.
Morire tra falsi amici e tra finte
lacrime, dove il nero è solamente
una soluzione per la silouetta.
Voglio morire senza avere avuto
un paio d’occhiali da sole mai.
Se così moriremo, insieme e lieti,
allora sarà bello condividere
con voi quest’ultimo atto, ch’altrimenti,
anche stavolta, meglio morir soli.
Lorenzo Cusimano, Debolezze, Casteldaccia (Italy), 2014.
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