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Il mio appcon esposto…

~ tornerà la distanza tra le dita delle nostre mani

Archivi tag: Maggio

Shall I compare thee to a summer’s day (Sonnet 18) di W. Shakespeare

22 giovedì Nov 2018

Posted by lorenzoqsimano in I Poeti, William Shakespeare

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1609, Breathe, Cielo, Estate, Life, Maggio, May, Men, Occhio, Respiro, Sonetti, Sonetto, Sonnet, Sonnets, Summer, Uomini, Vita, William Shakespeare

Shall I compare thee to a summer’s day?
Thou art more lovely and more temperate.
Rough winds do shake the darling buds of May,
and summer’s lease hath all too short a date.
Sometime too hot the eye of heaven shines,
and often is his gold complexion dimmed;
and every fair from fair sometime declines,
by chance, or nature’s changing course, untrimmed;
but thy eternal summer shall not fade,
nor lose possession of that fair thou ow’st,
nor shall death brag thou wand’rest in his shade,
when in eternal lines to Time thou grow’st.
So long as men can breathe, or eyes can see,
so long lives this, and this gives life to thee.

 

William Shakespeare, Sonnets, 1609, XVIII. Continua a leggere →

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Sire, tornate!

10 giovedì Mag 2018

Posted by lorenzoqsimano in Debolezze, Dune

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2014, Anima, Argento, Città, Cura, Dittatura, Esilio, Figli, Giorni, Giustizia, Guerra, Inverno, Madre, Madri, Maggio, Orgoglio, Politica, Rancori, Re, Rispetto, Salvezza, Serenità, Soldati, Speranza, Tempo, Versi liberi, Versi sciolti

Sire, tornate!
Il tempo dell’esilio è terminato.
La tirannia dell’orgoglio è finita.
Ripristinate le prische e savie leggi,
ché la coscienza d’un popolo chiede
a gran voce una speranza, salvezza.
Il trono vuoto sia consacrato
al rispetto e alla regalità del giusto.

Sire, tornate!
Impugnate lo scettro,
ridateci la giustizia e il gallone
della serenità. Sofferto abbiamo
in questo inverno e tremato in maggio.
S’amministri, come nel mitico tempo,
una città nuova e si dia spazio
in tavola ai vecchi e ai nuovi;
sia data una prole a questo regno;
sia data in sposa quella principessa
della logica diafana e silenziosa.
Regni fin d’ora la pace
e la prosperità dell’animo umano,
ché quella dell’argento ha reso livoroso
il nostro giorno trascorso.

Sire, tornate!
Abbiate cura di noi e dei nostri figli,
riprendete posto nella sala delle udienze,
accoglieteci com’era un tempo.
Amateci come la madre il figlio
ammalato, come la giovane l’attesa
e il soldato al fronte.

Sire, tornate
e ridateci speranza,
buone leggi. Tornate a sedere con noi.

 

Lorenzo Cusimano, Debolezze, Casteldaccia (Italy), 2014.

 

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Contadini di oggi di M. Farinella

01 martedì Mag 2018

Posted by lorenzoqsimano in I Poeti, Mario Farinella

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1946, 1° maggio, Campagne, Contadini, Diritti, Diritti dei Lavoratori, Festa dei Lavoratori, Lavoratori, Maggio, Mario Farinella

La terra che stringete nelle mani
scotta come la malaria
del contadino affebbrato
il sapore della terra
sangue conosciuto
è sangue amareggiato
del contadino ucciso.
Nostra carne non parla
nostra madre mortificata
terra paziente.
La sera porta vento
e trascina novembre cieli rossi.
A misura d’uomo
misurano i baroni
l’orma del tuo passo
che traccia confini al latifondo.
Per tutti quelli che non hanno voce
tu inizi la canzone sovversiva.
Compagno contadino
tu accendi la gran fiammata
che brucia gli stivale dei baroni.

 

Mario Farinella, da «La Voce della Sicilia», 10 novembre 1946.

 

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Pellizza-da-Volpedo-Il-Quarto-Stato-1901-Museo-del-Novecento-Milano

Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato, 1901, Milano, Museo del Novecento.

 

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Primavera ’92

23 martedì Mag 2017

Posted by lorenzoqsimano in Finzioni, Floréal

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2011, Amore, Cuori, Endecasillabi, Fiori, Giovanni Falcone, Inverno, Mafia, Maggio, Paolo Borsellino, Petali, Pratile, Primavera, Profumo, Rinascita, Sacrificio, Settenari

Auspico rinascita,
sebbene i fiori ancora
non sboccino e la primavera stenti
a calorare l’aria
e a profumare i giorni
affondati nel sangue.
Il sangue era di coloro che d’amor
attendevan stagione
d’innamorati ché già innamorati.
Ma chi l’inverno e l’odio porta in cuore
recise i primi fiori,
quei fiori dagli splendidi petali,
che nei gambi furon lasciati soli.
Ma come dice un cartello ad un’aiola:
potranno calpestarsi
e tagliarsi i fiori tutti,
ma mai potrà fermarsi l’incedere
della primavera, che pure stenta
in questa terra secca.

4 pratile dell’anno CCXIX

 

Lorenzo Cusimano, Finzioni, Casteldaccia (Italy), 2011.

 

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fiori-aiuola

 

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Maggio

13 sabato Mag 2017

Posted by lorenzoqsimano in Dedali, Finzioni

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2011, Amore, Bocca, Endecasillabi, Lenzuola, Letto, Maggio, Notte, Occhi, Ricordi, Roberta, Sentimenti, Settenari, Versi sciolti

Abbiamo le prove di quella notte.
Non si può negare. Tu perché lo fai?
O forse neghi che sia stato amore,
ma semplice appetito?
Che i sentimenti uguali
non siano, a tutti è chiaro:
ma i tuoi occhi non eran chiari e sicuri?
Sussurravano essi dolci melodie
d’armonia tra noi stesi
su di un talamo fresco e profumato
nella penombra delle tapparelle
odorose di maggio.
E tu giacevi nuda e sorridente
sul letto, tra lenzuola
lisce, bianche e sgualcite,
che senza impegno alcuno coprivano
appena uno dei tuoi seni poco
pronunciati e che forse
oltre non cresceranno.
E io, steso teco accanto,
con delicata mano
scoprivo ciò che di te
c’è di più caro dopo la tua bocca
e il nostro sentimento.
Eppur tu già dici che fu appetito,
carne giovane, incerta.
Eppure abbiamo le prove,
o già solo ricordi?

 

Lorenzo Cusimano, Finzioni, Casteldaccia (Italy), 2011.

 

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fiori

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Il Cinque Maggio di A. Manzoni

05 martedì Mag 2015

Posted by lorenzoqsimano in Alessandro Manzoni, I Poeti

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Alessandro Manzoni, Maggio, Napoleone, Ode, Sestine, Versi liberi, Versi sciolti

Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,

muta pensando all’ultima
ora dell’uom fatale;
né sa quando una simile
orma di piè mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.

Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sonito
mista la sua non ha:

vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al subito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all’urna un cantico
che forse non morrà.

Dall’Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall’uno all’altro mar.

Fu vera gloria? Ai posteri
l’ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.

La procellosa e trepida
gioia d’un gran disegno,
l’ansia d’un cor che indocile
serve pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch’era follia sperar;

tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull’altar.

Ei si nomò: due secoli,
l’un contro l’altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe’ silenzio, ed arbitro
s’assise in mezzo a lor.

E sparve, e i dì nell’ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d’immensa invidia
e di pietà profonda,
d’inestinguibil odio
e d’indomato amor.

Come sul capo al naufrago
l’onda s’avvolve e pesa,
l’onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
prode remote invan;

tal su quell’alma il cumulo
delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
narrar sé stesso imprese,
e sull’eterne pagine
cadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacito
morir d’un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l’assalse il sovvenir!

E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
e il lampo de’ manipoli,
e l’onda dei cavalli,
e il concitato imperio,
e il celere ubbidir.

Ahi! Forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;

e l’avviò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov’è silenzio e tenebre
la gloria che passò.

Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinò.

Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.

 

Alessandro Manzoni, 1821.

 

Il Cinque Maggio – Treccani

 

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J. L. David, Napoleon crossing the Alps, 1801, Vienna, Österreichische Galerie Belvedere.

J. L. David, Napoleon crossing the Alps, 1801, Vienna, Österreichische Galerie Belvedere.

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Che bella sera di maggio

26 domenica Apr 2015

Posted by lorenzoqsimano in A quel cielo che non si vede più, È stato smarrito un cervello... forse più di uno

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Tag

2002-2003, Cuori, Inferno, Maggio, Sera, Versi liberi, Versi sciolti

Che bella sera di maggio,
calda e incredibile: tutti fuori
a gioir del fresco del calar sereno,
a discuter, accoppiarsi, sudare
e lavarsi; ed io qui come uno stronzo,
solo e accaldato, vivo ma appannato.

Che calda sera di maggio,
bella e incredibile: io qui
e il mio cuore all’inferno.

 

Lorenzo Cusimano, A quel cielo che non si vede più, Casteldaccia (Italy), 2002-2003.

 

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Vita politica

15 giovedì Gen 2015

Posted by lorenzoqsimano in Eterno Ideale, Nuovi sistemi

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1999-2002, Berlusconi, Elezioni, Maggio, Politica, Quartina finale, Versi liberi, Versi sciolti

Riguardo le foto,
per trovar cenni o speranze
di ciò d’inconcluso e inadempiuto.

Ormai è conclusa la gioia,
tranne qualche macchia di fango
incrostata nelle
luride vesti di una barzelletta
sconosciuta ancora da raccontare.

Spacco, qua e là, il tempo
tra le inutili urne e i domenicali
pomeriggi, riflettendo e ignorando
i costi e le tariffe,

ma m’accorgo che non c’è
stata nessuna partita
senza le rosse bandiere
e le mie insane qualità.

 

Lorenzo Cusimano, Eterno Ideale, Casteldaccia (Italy), 1999-2002.

 

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Tramonto di maggio

11 domenica Gen 2015

Posted by lorenzoqsimano in Eterno Ideale, Nuovi sistemi

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1999-2002, Labbra, Maggio, Pelle, Quartina finale, Roberta, Rose, Tramonto, Versi liberi, Versi sciolti

Tramonto di maggio:
io con lei nella mia stanza
– echeggiano le musiche –
circondato dai miei dischi,
le mie bandiere, i miei sogni.

Ella sul mio letto,
io lontano e distante
ai piedi del letto
tra la ormai assente luce solare
e la penombra oscura;

la guardo dentro gli occhi
tralasciando l’interesse al suo seno,
resto distante e freddo.
Ha degli occhi bellissimi
che riflettono i miei denti sogghignanti;

il suo corpo è splendido
e non oso avvicinarmi,
son bloccato dalle sue mani
sui miei capelli.

Intanto il buio è padrone,
non vedo più nulla
son le sue mani che guidano le mie,
le chiudo per paura, mentre
le sue labbra sfiorano il mio mento;

lo stereo è acceso,
il volume è basso,
ma l’aiuto è grande, riesco
finalmente ad abbracciarla
sotto i visi distratti dei miei miti.

La sua pelle è liscia
e morbida al toccar delle labbra,
provo gusto nel lisciare
i suoi obliqui fianchi,
resto scosso all’odor
dei suoi neri capelli.

Il mio letto resta zitto e
immobile come invalido al movimento,
sorregge il peso dei nostri corpi
quasi nudi tra le bianche lenzuola,
ma non trarrà mai vantaggio da ciò.

Urto più volte con violenza
il capo al muro, con le sue
ludiche risa al seguito
e i miei rossori in volto;

intreccian sempre le sue mani
le mie, le stringe forte,
le fa sue e mi concede i suoi gioielli,
ma si oppone il mio rifiuto.

L’aria è fresca, un insano
profumo di rose
contrasta le sue fragranze occidue,
il mio naso è delicato
quando la stanza si riempie
del roseo odore;

si combinano con esso
le ombre e le luci inesistenti,
in total da crear
situazioni pseudoesotiche
e metaindoasiatiche.

Svanisce tutto:
un tonfo dalla strada,
ci distacca dal nostro
insolito daffare;

il tramonto è terminato,
son stanco di star con te,
voglio aria, esco fuori
è già alba.

 

Lorenzo Cusimano, Eterno Ideale, Casteldaccia (Italy), 1999-2002.

 

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Leggi anche: Nella stanza delle rose

 

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